Atti 9: La sorpresa della grazia

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1. Gli atti sorprendenti di Gesù

Mentre studiavamo il primo libro scritto da Luca, ovvero l’omonimo vangelo, abbiamo notato come Gesù non smettesse mai di sorprendere, spesso al punto di offendere, in tutto quello che faceva e diceva. Anche chi legge oggi il vangelo, se lo capisce veramente, non può che rimanere perplesso, scioccato, ma sempre affascinato dalla figura di Gesù. In questo senso, il libro di Atti non delude. In quanto ci fa vedere come Gesù continuasse a operare dopo la sua ascensione in cielo, non dobbiamo sorprenderci se in Atti leggiamo cose sorprendenti!

Al capitolo 9, ne troviamo un esempio perfetto: la conversione e la chiamata di Saulo come apostolo. Questo Saulo, lo conosciamo meglio come “Paolo”, come infatti verrà chiamato per la maggior parte del libro. La storia della chiamata di Saulo sorprende non tanto perché dimostri il potere di Gesù di salvare un uomo violentemente opposto all’idea che quel Nazareno crocifisso potesse essere il Messia e il Figlio di Dio (anche se dimostra anche questo!), ma più perché è quest’uomo — un furioso persecutore della comunità cristiana — che Gesù dice di aver scelto come “strumento … per portare il mio nome davanti ai popoli, ai re e ai figli d’Israele” (9:15).

Sarebbe difficile esagerare l’importanza della conversione di Saulo per quanto riguarda lo svolgimento della narrativa di Atti. Non solo qui al capitolo 9, ma ben altre due volte, ai capitoli 22 e 26, la storia viene ripetuta, sempre aggiungendoci altri dettagli che la rendono più ricca e avvincente. Come sappiamo, la ripetizione è un chiaro segno del desiderio da parte dell’autore di accentuare l’importanza di ciò che viene ripetuto. Tre volte in Atti viene riferita la conversione di Saulo, e dobbiamo dunque capirne il motivo.

2. Il contesto di Atti 9

La chiamata di Saulo avviene in un momento critico in Atti. Tenendo sempre presente quello che Gesù disse al primo capitolo, che gli apostoli sarebbero stati i suoi “testimoni in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all’estremità della terra” (1:8), scopriamo al capitolo 8 la maniera sorprendente in cui la testimonianza apostolica, ossia la predicazione del vangelo, passi da Gerusalemme in Samaria. La lapidazione di Stefano per la sua presunta bestemmia “contro Mosè e contro Dio” (6:11) fece scoppiare “una grande persecuzione contro la chiesa che era in Gerusalemme” (8:1). A causa della persecuzione, la chiesa venne apparentemente devastata: “Tutti furono dispersi per le regioni della Giudea e della Samaria, salvo gli apostoli”. Dico “apparentemente” perché, senza sminuire le terribili sofferenze della chiesa, il risultato fu tutto altro che la sua distruzione.

Anzi, Luca riporta che “quelli che erano dispersi” in Giudea e in Samaria “se ne andarono di luogo in luogo, portando il lieto messaggio della Parola” (8:4). Il punto è che mentre le forze dell’opposizione cercavano di fermare la diffusione del vangelo, non fecero altro che diffonderlo ancora di più! Gesù aveva dichiarato che il vangelo sarebbe arrivato anche in Samaria (una regione e un popolo molto ostili a Gerusalemme e ai Giudei), e qui al capitolo 8, la cosa sorprendente è scoprire che fu la persecuzione ad adempiere le sue parole! Ciò che certamente sembrava una grande sconfitta per la chiesa di Gerusalemme alla fine si rivelò una grande vittoria. Questa è una lezione importante per noi oggi quando affrontiamo difficoltà che sembrano ostacolare la nostra testimonianza. Laddove Gesù regna (cioè dappertutto!), si va sempre avanti e mai indietro, anche quando tutto pare al contrario!

L’estensione del vangelo non poteva però limitarsi alla Samaria, perché Gesù aveva detto che sarebbe arrivato “fino all’estremità della terra”. Se la maniera in cui egli lo fece arrivare fino in Samaria è sorprendente, non dobbiamo sorprenderci se ci sorprende la maniera in cui lo farà arrivare fino all’estremità della terra! E infatti, così è. Luca ci ha già fatto conoscere uno dei personaggi più rilevanti dalla parte dell’opposizione: Saulo di Tarso. Questo Saulo si presenta per la prima volta, e non a caso, alla lapidazione di Stefano. Luca dice che quelli che “cominciarono a lapidarlo … deposero i loro mantelli ai piedi di un giovane, chiamato Saulo” (7:58), e che “Saulo approvava la sua uccisione” (8:1). Da quel momento, era Saulo che “devastava la chiesa, entrando di casa in casa; e, trascinando via uomini e donne, li metteva in prigione” (8:3). Al capitolo 26, quando lo stesso Paolo ricorda questo periodo della sua vita, confessa:

9 Quanto a me, in verità pensai di dover lavorare attivamente contro il nome di Gesù il Nazareno. 10 Questo infatti feci a Gerusalemme; e avendone ricevuta l’autorizzazione dai capi dei sacerdoti, io rinchiusi nelle prigioni molti dei santi; e quando erano messi a morte, io davo il mio voto. 11 E spesso, in tutte le sinagoghe, punendoli, li costringevo a bestemmiare; e, infuriato oltremodo contro di loro, li perseguitavo fin nelle città straniere.

A proposito di nemici della chiesa, non ce n’era uno più accanito e zelante. Perciò, all’inizio del capitolo 9 di Atti, non ci stupiamo di leggere:

1 Saulo, sempre spirante minacce e stragi contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote 2 e gli chiese delle lettere per le sinagoghe di Damasco affinché, se avesse trovato dei seguaci della Via, uomini e donne, li potesse condurre legati a Gerusalemme

Immaginiamo il furore di Saulo a questo punto. Nonostante i suoi sforzi migliori, il vangelo di Gesù non si era divulgato solo “in tutta la Giudea e Samaria”, ma ormai era giunto fino a Damasco in Siria dove, evidentemente, c’era una comunità di cristiani che attivamente testimoniava Gesù come Cristo. Immaginiamo quanto potesse essere stato adirato, accorgendosi che erano stati proprio i suoi tentativi di annientare il nuovo movimento, secondo lui eretico e pericoloso, che in realtà avevano dispersi i sempre più numerosi aderenti in modo che essi potessero conquistare una zona geografica sempre più ampia! Anziché impedire la crescita della “Via” (così veniva chiamato il fermento cristiano), Saulo l’aveva solo assistita! Dovuto però al suo intransigente odio del vangelo, poteva solo persistere nella via che aveva scelto, e quindi si preparò ad andare fino a Damasco per tentare di distruggere anche lì la comunità cristiana che era spuntata anche in Siria.

3. La conversione di Saulo (Atti 9:3-9)

Questa è la situazione che troviamo all’inizio del capitolo 9 di Atti, prima che la narrativa prenda un’altra svolta sorprendente. Se leggessimo Atti per la prima volta, e ci chiedessimo chi sarà a portare il vangelo fino all’estremità della terra, penseremmo probabilmente a Pietro, a Giovanni, a Filippo che, pur non essendo apostolo, fu l’evangelista importante al precedente capitolo. Potremmo pensare a tanti, ma proprio l’ultima persona che riterremmo adatta come missionario alle nazioni sarebbe Saulo. Nessuno sembra più ostinato e più contrario al vangelo. Eppure, è proprio Saulo di cui Gesù dice: “egli è uno strumento che ho scelto per portare il mio nome davanti ai popoli, ai re e ai figli d’Israele” (9:15). Succede in questo modo:

3 E durante il viaggio, mentre si avvicinava a Damasco, avvenne che, all’improvviso, sfolgorò intorno a lui una luce dal cielo 4 e, caduto in terra, udì una voce che gli diceva: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?» 5 Egli domandò: «Chi sei, Signore?» E il Signore: «Io sono Gesù, che tu perseguiti. 6 Àlzati, entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare». 7 Gli uomini che facevano il viaggio con lui rimasero fermi, senza parole, perché udivano la voce ma non vedevano nessuno. 8 Saulo si alzò da terra ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla; e quelli, conducendolo per mano, lo portarono a Damasco, 9 dove rimase tre giorni senza vedere e senza prendere né cibo né bevanda.

Tra i vari punti di riflessione che questi versetti possono stimolare, vogliamo concentrarci sempre sulla figura del Signore Gesù in quanto è lui, ancor più che Saulo, che spicca come attore principale. Infatti, senza l’intervento di Gesù, Saulo sarebbe rimasto uguale, determinato a perseguitare la chiesa fino alla totale distruzione. Data la sua convinzione ferrea, l’unica spiegazione del suo radicale cambiamento — che lo stesso Paolo offrirà in Galati 1 come potente apologia del vangelo — è il risorto Gesù che gli si rivelò dal cielo. Fino a questo momento, Saulo perseguitava non tanto i cristiani quanto il Cristo stesso, talmente è intima la comunione tra Gesù e le membra del suo corpo. È questo Gesù che mentre Saulo “si avvicinava a Damasco” per devastare la chiesa anche lì, “all’improvviso” gli si manifesta visibilmente e gli parla, ordinandogli di proseguire a Damasco dove gli sarà detto “ciò che devi fare” (vv.3,6).

Nel nostro studio di Atti 1, abbiamo imparato che Gesù, dopo la sua “scomparsa” e ascensione in cielo, lungi dall’essere assente e inattivo sulla terra, è in realtà più presente e più operativo che mai. Qui ne abbiamo una prova lampante. Il Gesù che al capitolo 1 sceglie il nuovo apostolo al posto di Giuda Iscariota, che al capitolo 2 converte a sè circa tremila persone in un solo giorno, che al capitolo 5 manda un angelo per liberare gli apostoli dalla prigione pubblica, e che al capitolo 7 si fa vedere a Stefano nel momento in cui quest’ultimo viene lapidato a morte, questo è lo stesso Gesù che appare e parla a Saulo sulla strada per Damasco. Sono più di trecento chilometri tra Gerusalemme e Damasco; ciononostante, Gesù si manifesta in un luogo come nell’altro.

Questo è parte di quello che Gesù voleva dire in Giovanni 16:7: “è utile per voi che io me na vada…”. Prima dell’ascensione, Gesù era fisicamente localizzato laddove si trovava; dopo l’ascensione, si presenta ovunque, che sia a Gerusalemme o a Damasco o fino all’estremità della terra. E laddove Gesù si presenta, lì opera con l’onnipotenza di Dio di convertire i suoi nemici e di farli diventare i suoi servi. Talmente è potente la presenza di Gesù sulla terra che, dopo averlo incontrato, Saulo “si alzò da terra ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla”, e giunto a Damasco, “rimase tre giorni senza vedere e senza prendere né cibo né bevanda” (9:8-9). Accecato dalla luce di Gesù che gli “sfolgorò intorno” (9:3), Saulo comunque cominciò a vedere per la prima volta in un altro modo.

4. La vocazione di Saulo (Atti 9:10-19a)

I versetti successivi riferiscono ciò che accadde quando Saulo arrivò a Damasco, quando gli fu rivelata la vocazione che sarebbe divenuta la passione consumante per il resto della sua vita:

10 Or a Damasco c’era un discepolo di nome Anania; e il Signore gli disse in visione: «Anania!» Egli rispose: «Eccomi, Signore». 11 E il Signore a lui: «Àlzati, va’ nella strada chiamata “Diritta” e cerca in casa di Giuda uno di Tarso chiamato Saulo; poiché ecco, egli è in preghiera 12 e ha visto in visione un uomo chiamato Anania entrare e imporgli le mani perché ricuperi la vista». 13 Ma Anania rispose: «Signore, ho sentito dire da molti, riguardo a quest’uomo, quanto male abbia fatto ai tuoi santi in Gerusalemme. 14 E qui ha ricevuto autorità dai capi dei sacerdoti per incatenare tutti coloro che invocano il tuo nome». 15 Ma il Signore gli disse: «Va’, perché egli è uno strumento che ho scelto per portare il mio nome davanti ai popoli, ai re e ai figli d’Israele; 16 perché io gli mostrerò quanto debba soffrire per il mio nome». 17 Allora Anania andò, entrò in quella casa, gli impose le mani e disse: «Fratello Saulo, il Signore, quel Gesù che ti è apparso sulla strada per la quale venivi, mi ha mandato perché tu riacquisti la vista e sia riempito di Spirito Santo». 18 In quell’istante gli caddero dagli occhi come delle squame, e ricuperò la vista; poi, alzatosi, fu battezzato. 19 E, dopo aver preso cibo, gli ritornarono le forze. Rimase alcuni giorni insieme ai discepoli che erano a Damasco…

Adesso succede un’altra cosa sorprendente: Saulo non ricevette altre indicazioni direttamente dal Signore ma tramite un altro “discepolo di nome Anania”. Di questo Anania sappiamo poco, perché viene nominato solo in questo contesto. Possiamo inferire dal suo nome ebraico che era un giudeo, e che probabilmente era stato uno dei membri della chiesa di Gerusalemme. In un modo o nell’altro, era arrivato a Damasco, evidentemente con altri discepoli dispersi come lui a causa della persecuzione (v.19), e fu lì che un giorno il Signore gli apparse in visione, incaricandolo di andare e imporre le mani a Saulo come mezzo di guarigione e di vocazione all’apostolato.

Comprensibilmente, Anania rimase un po’ titubante, in quanto aveva “sentito dire da molti, riguardo a quest’uomo” — fino a Damasco! — “quanto male abbia fatto ai … santi in Gerusalemme”, e sapeva che Saulo era venuto a Damasco “per incatenare tutti coloro che invocano” il nome di Gesù. (vv.13-14). Naturalmente, questo non sarebbe il tipo di persona che un cristiano vorrebbe andare a trovare. Il Signore, comunque, disse di nuovo che Anania doveva andare, proprio perché era quel Saulo che, sorprendentemente, avrebbe portato il nome di Gesù fino all’estremità della terra.

Che grande fede mostrò Anania quando, senza più esitare o discutere, ubbidì subito alla parola del Signore. Che grande fede anche quando si rivolse a Saulo chiamandolo “fratello”! Ma più grande ancora è la grazia del Signore che in un istante trasformò il più grande nemico dei cristiani nel loro fratello! In tutto, è sempre il Signore Gesù a essere l’attore principale. Il Gesù che si rivelò a Saulo poi apparse ad Anania, il quale gli trasmise, non il suo parere, ma le parole di Gesù. Fu sempre Gesù che tramite Anania ridiede a Saulo la vista e lo riempì dello Spirito Santo. E fu sempre Gesù che Saulo, subito dopo, si mise a predicare.

5. L’ubbidienza di Saulo (Atti 9:19b-31)

Rimase alcuni giorni insieme ai discepoli che erano a Damasco 20 e si mise subito a predicare Gesù nelle sinagoghe, affermando che egli è il Figlio di Dio. 21 Tutti quelli che lo ascoltavano si meravigliavano e dicevano: «Ma costui non è quel tale che a Gerusalemme infieriva contro quelli che invocano questo nome ed era venuto qua con lo scopo di condurli incatenati ai capi dei sacerdoti?» 22 Ma Saulo si fortificava sempre di più e confondeva i Giudei residenti a Damasco, dimostrando che Gesù è il Cristo. 23 Parecchi giorni dopo, i Giudei deliberarono di ucciderlo; 24 ma Saulo venne a conoscenza del loro complotto. Essi facevano persino la guardia alle porte, giorno e notte, per ucciderlo; 25 ma i discepoli lo presero di notte e lo calarono dalle mura dentro una cesta. 26 Quando fu giunto a Gerusalemme, tentava di unirsi ai discepoli; ma tutti avevano paura di lui, non credendo che fosse un discepolo. 27 Allora Barnaba lo prese con sé, lo condusse dagli apostoli e raccontò loro come durante il viaggio aveva visto il Signore che gli aveva parlato, e come a Damasco aveva predicato con coraggio nel nome di Gesù. 28 Da allora Saulo andava e veniva con loro in Gerusalemme, e predicava con franchezza nel nome del Signore; 29 discorreva pure e discuteva con gli Ellenisti; ma questi cercavano di ucciderlo. 30 I fratelli, saputolo, lo condussero a Cesarea e di là lo mandarono a Tarso. 31 Così la chiesa, per tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria, aveva pace ed era edificata; e, camminando nel timore del Signore e nella consolazione dello Spirito Santo, cresceva costantemente di numero.

Luca non specifica quanto tempo Saulo rimase a Damasco, ma indica al v.20 che egli “si mise subito a predicare Gesù nelle sinagoghe”. Giustamente, “quelli che lo ascoltavano si meravigliavano” perché quest’uomo era lo stesso che “a Gerusalemme infieriva contro quelli che invocano questo nome ed era venuto qua con lo scopo di condurli incatenati ai capi dei sacerdoti”. Dopo, quando Saulo tornò a Gerusalemme, i discepoli rimasti lì non potevano credere “che fosse un discepolo” e “tutti avevano paura di lui” (v.26). Possiamo capire la loro paura. Il cambiamento di Saulo poteva facilmente essere un inganno sempre mirato alla loro rovina. Forse non sarebbe stato da loro accettato se non per un tale Barnaba (in realtà un soprannome che vuol dire “figlio di consolazione”) a intervenire a suo favore davanti agli apostoli. Così, il violento persecutore della chiesa di Gerusalemme ne divenne un potente sostenitore e apologista, tanto che “confondeva” i suoi avversari “dimostrando che Gesù è il Cristo” (v.22).

Tanti anni dopo, quando Paolo dovette rispondere a varie accuse davanti al re Agrippa, testimoniò:

26:19 Perciò, o re Agrippa, io non sono stato disubbidiente alla visione celeste; 20 ma, prima a quelli di Damasco, poi a Gerusalemme e per tutto il paese della Giudea e fra le nazioni, ho predicato che si ravvedano e si convertano a Dio, facendo opere degne del ravvedimento. 21 Per questo i Giudei, dopo avermi preso nel tempio, tentavano di uccidermi. 22 Ma per l’aiuto che vien da Dio sono durato fino a questo giorno, rendendo testimonianza a piccoli e a grandi, senza dir nulla al di fuori di quello che i profeti e Mosè hanno detto che doveva avvenire, cioè: 23 che il Cristo avrebbe sofferto e che egli, il primo a risuscitare dai morti, avrebbe annunciato la luce al popolo e alle nazioni».

Qui siamo verso la fine di Atti, e Paolo si sta avvicinando a Roma, il centro dell’impero romano che, per quanto riguarda lo svolgimento del libro, rappresenta l’estremità della terra. Ciò che Paolo disse non è falso: era stato ubbidiente alla sua vocazione, predicando il nome di Gesù “a quelli di Damasco, poi a Gerusalemme e per tutto il paese della Giudea e fra le nazioni”. Più di essere un vanto da parte di Paolo, questo dimostra l’efficacia della grazia del Signore che, dal momento della rivelazione sulla strada per Damasco, aveva usato Paolo come testimone fra le nazioni. Veramente, nessun’altra spiegazione sarebbe convincente; solo il miracolo della grazia potrebbe aver avuto questo effetto.

6. Conclusione

Questa storia ha molto da insegnarci. Tutto può essere riassunto dalla parola “sorpresa”. La prima sorpresa è questa: come la grazia del Signore ha trasformato Saulo, così può trasformare anche noi. Questa non è solo un’idea mia, ma viene direttamente da Paolo stesso che nella sua prima lettera a Timoteo scrisse:

…per questo mi è stata fatta misericordia, affinché Gesù Cristo dimostrasse in me, per primo, tutta la sua pazienza, e io servissi di esempio a quanti in seguito avrebbero creduto in lui per avere vita eterna (1:16).

Dopo aver sentito la storia di Paolo, nessuno può considerarsi una causa persa, un caso troppo difficile e complicato perché la grazia di Dio lo possa redimere. Paolo, che prima era “un bestemmiatore, un persecutore e un violento” (1 Tim. 1:13), non poteva essere più perso di come era; eppure, la grazia lo trasformò completamente. E la grazia che trasformò Paolo è la stessa grazia — perché viene dallo stesso Salvatore — che opera per trasformare anche noi. Sarebbe dunque un insulto a Gesù dire che per noi, o per qualunque altra persona, non c’è più speranza. La vita di Paolo n’è la conferma.

Chiamo questa una sorpresa, perché ci risulta difficile credere che non rimarremo sempre come siamo con i nostri difetti e le nostre mancanze, che possiamo veramente cambiare, che i nostri peccati siano veramente perdonati e che possiamo vincerli. La sorpresa è proprio questa: che la grazia di Dio sia sufficiente ed efficace anche per noi — per me! — come lo fu per Paolo. Poiché siamo inclini a pensare il contrario, dobbiamo ripetercelo sempre: la grazia mi basta, la grazia mi basta! La storia della conversione di Saulo ci è di grande aiuto nella lotta per credere questo.

La seconda sorpresa è che il Signore può, e vuole, usare noi, per quanto pensiamo di essere piccoli, inetti o poco importanti. Paolo fu un caso eccezionale, sia per com’era prima di incontrare Cristo che dopo come apostolo e missionario alle nazioni. Non dobbiamo, e non possiamo mai, essere come lui. Ma non per questo le nostre vite non hanno valore! Consideriamo l’esempio di Anania: un uomo quasi del tutto sconosciuto, che svolse un breve ruolo e poi scomparve, ma quanto fu importante quel ruolo! Fu per mezzo di lui che Saulo venne a sapere la sua vocazione e iniziò il suo percorso apostolico che lo avrebbe portato all’estremità della terra.

È inutile congetturare su cosa sarebbe successo senza Anania, perché certamente il Signore non aveva bisogno del suo aiuto per fare di Saulo un apostolo. Ma nemmeno aveva bisogno di Saulo come apostolo! Il punto è che il Signore volle usare Anania per uno scopo importantissimo, e in quanto Anania fu ubbidiente nonostante le sue paure, compì un passo determinante nel compimento del piano di Dio. Così, neanche noi dovremmo giudicare il valore delle nostre vite o dei nostri ruoli in base a quanto ci sembrano importanti. Sul momento, Anania non sapeva che Saulo sarebbe diventato il Paolo che conosciamo dal resto di Atti e del Nuovo Testamento. Fece quello che fu chiamato a fare, e così, senza saperlo, contribuì qualcosa di indispensabile alla diffusione del vangelo. La sorpresa qui è che tutti noi abbiamo qualcosa di indispensabile da contribuire. Ricordiamoci: nel regno di Dio, i piccoli sono i grandi!

La terza sorpresa è semplicemente questa: dobbiamo essere sempre pronti alle sorprese! È lo stesso Gesù che tuttora continua a essere presente (anche se non visibile) e attivo. Per questo motivo, non dobbiamo mai pensare di poter prevedere come opererà. Possiamo essere certi che il suo proposito è sempre uguale: di usarci come i suoi testimoni e per mezzo della nostra testimonianza trasformare i suoi nemici nei suoi figli. Ma come lo farà sarà spesso sorprendente. Come Gesù scelse il più feroce avversario della chiesa come apostolo alle nazioni, così sceglierà di usare noi, con tutte le nostre mancanze e in mezzo a tante difficoltà, per fare ciò che Paolo disse davanti al re Agrippa in Atti 26:18:

…per aprire loro gli occhi, affinché si convertano dalle tenebre alla luce e dal potere di Satana a Dio, e ricevano per la fede in me, il perdono dei peccati e la loro parte di eredità tra i santificati.

Siamo le persone meno adatte per servire come testimoni di Gesù? Bene, per questo siamo le persone più adatte! Alla fine, non dipende da noi, ma dalla grazia del Signore. E in quanto tutto dipende dalla grazia, ci saranno sempre sorprese!

Amen!

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